HOME >  Libreria d’Autore > E’ tempo di volare. Diario intimo di una donna adulta

Gianna ha appena chiuso un importante capitolo della sua vita. Rimasta vedova poco più che trentenne, dopo una serie di cambiamenti e di scelte anche estreme – inclusa una breve parentesi come escort – è ora pronta ad affacciarsi con grande curiosità alla sua nuova dimensione di adulta. Ha sempre sognato l’amore, lo anche vissuto, ma soltanto adesso capisce cosa sia davvero un sentimento avvolgente, appagante, totalizzante. Scopre di avere tante energie, tante risorse da impiegare per il suo nuovo compagno, per i figli tanto attesi e che pensava di non potere avere, e perfino per realizzare ciò che ha sempre desiderato, ad esempio prendere il tanto agognato brevetto di primo livello Open Water per fare delle meravigliose immersioni nei mari più belli al mondo. Attraverso le pagine del suo diario, Gianna si mette a nudo, analizza se stessa, e sente finalmente di essere diventata la persona che aveva sempre voluto essere, capace di volare ancora più in alto…

Proseguono in queste pagine le confessioni, i pensieri e le vicende di Gianna, donna forte, determinata ma anche grande sognatrice, come lei stessa si definisce nel romanzo Ho volato rasoterra. Diario intimo di una giovane donna, in cui racconta la prima parte della sua intensa esistenza alla ricerca dell’amore. Nei suoi sogni ad occhi aperti di adolescente, infatti, Gianna si vede presa per mano da una sorta di principe azzurro, che la fa volare, per poi deporla a terra e baciarla, facendole provare una condizione di estasi dalla quale “era penoso risvegliarsi”.

Mi presento. Mi chiamo Ugo Draetta e sono un giurista. Nella mia vita sono stato professore universitario di diritto, legale interno di grandi imprese, arbitro in dispute commerciali internazionali. Ho scritto una ventina di libri di diritto nei quali mi sono sottoposto alla rigida disciplina  che la scienza del diritto esige.  In questa mia attività di giurista ho sviluppato, però, una forte curiosità per gli aspetti più reconditi dell’animo umano. Di qui l’idea di svilupparne la conoscenza libero da schemi precostituiti. Con i due romanzi “Ho volato rasoterra” e “È tempo di volare” ho voluto lasciare spazio alla mia immaginazione e alla mia sensibilità, cercando di addentrarmi nei meandri della mente e dell’animo di una giovane donna. Per me è stata una grande sfida. Spero con tutto il cuore di averla almeno in parte superata

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“Una notte ebbi con Pasquale un’esperienza struggente, che rimase per sempre impressa nella mia mente. Ci eravamo messi a letto per dormire e lui aveva il capo appoggiato sul mio seno. Io cominciai a passargli le dita tra i capelli, carezzandolo dolcemente. Lui si accostò a me ancora di più, rannicchiò le gambe, quasi in posizione fetale, e mi disse: “Continua così, Gianna, per favore”. Io continuai e lui prese a emettere dei deboli gemiti. “Carezzami anche in viso, Gianna”, mi sussurrò. Io capii con il cuore, più che con la testa, che qualcosa di particolare gli stesse accadendo. Gli presi la testa tra le mani e cominciai a carezzarlo sul viso. Passandogli le dita sugli occhi, mi accorsi che erano bagnati. “Pasquale”, gli dissi con amore, “che ti succede?”. Lui scoppiò in un pianto disperato e nascose il suo viso tra il mio seno, cercando invano di controllarsi. Stetti in silenzio per un po’, poi d’improvviso compresi tutto. “È per tua mamma che piangi, amore mio? “Sì”, sussurrò, e dopo un po’ gli uscì dal profondo del cuore un grido: “Mamma!!”. Chissà da quanto tempo avrebbe voluto invocare la madre così ad alta voce. Io mi posi a sedere sul letto, lo feci sedere accanto a me, gli asciugai le lacrime con un lembo del lenzuolo e lo abbracciai forte. Non c’era bisogno di parole e non c’erano parole adeguate alla circostanza. Gli dissi solo: “Pasquale, io non posso riempire il vuoto che ti ha lasciato tua madre, ma sarò sempre accanto a te”. “Gianna”, mi rispose abbracciandomi a sua volta, “ho un disperato bisogno di te”.

*  *  *

“Nessuno sembrava prestare particolare attenzione a me. Alla fine un giovanotto mi si avvicinò e mi indicò Ivo, che era seduto nella sua carrozzina, sbarbato e vestito di tutto punto, in giacca e cravatta. Sembrava dovesse andare a un appuntamento di lavoro, piuttosto che al cimitero. Chiaramente era in attesa di me. Il giovanotto mi disse: “Grazie, signora per essere venuta. Non c’era nessun altro disponibile e per Ivo questa cosa è molto importante. Vedrà che non avrà alcun problema”. “Ne sono certa”, dissi al giovanotto. E a Ivo: “Signor Ivo, adesso ci andiamo a fare una bella passeggiata!”. “Come ti chiami?”, mi chiese Ivo. “Gianna”. “Senti, Gianna”, disse Ivo con voce ferma, “mi scuso per il disturbo e ti ringrazio. È solo che oggi Maria non può venire”. Ci avviammo verso il pulmino e l’autista armeggiò per sistemare la carrozzina e mettere seduto Ivo accanto a me, allacciandogli la cintura. Appena partiti, chiesi: “Signor Ivo, chi è Maria?”. “È mia figlia. Mi vuole molto bene. Somiglia molto alla mia povera moglie ed è bella quanto lo era lei. Al cimitero dico sempre a mia moglie di quanto è brava nostra figlia Maria. Ne sarà contenta di lassù”. Dopo un po’ aggiunse: “Sai, Gianna, io starò alla Casa Famiglia ancora per poco. Dopo Maria mi verrà a prendere e starò a casa sua. Lei non ha figli e quindi io non ho nipoti, ma starò bene con lei e suo marito, che è molto affettuoso”. “Ne sono contenta, signor Ivo”, replicai io, “È Maria che in genere la accompagna al cimitero?”. “Si, Gianna, è anche lei felice di fare visita alla sua mamma. Ma Maria ha sempre molto da fare e qualche volta, come oggi, non può venire. Ma vedrai che la prossima volta non dovrai disturbarti e verrà Maria”. Tornati alla Casa Famiglia, riconsegnai Ivo al giovanotto di prima, che mi chiese se fosse andato tutto bene. “Ottimamente”, risposi, “ma so che non ci sarà bisogno di me la prossima volta, perché verrà Maria a accompagnarlo al cimitero”. “Quale Maria?”, rispose il giovanotto mostrandosi sorpreso. “Sua figlia, di cui Ivo mi ha tanto parlato durante il tragitto”. “Signora Gianna, Ivo è solo e non ha nessuna figlia, né altro posto in cui stare. Perciò sta qui e noi gli vogliamo tutti bene. Maria se la è inventata lui e a noi, purché a Ivo faccia piacere, sta bene così”. Così dicendo il giovanotto si allontanò spingendo la carrozzina di Ivo, che depositò tra un gruppo di altri ospiti. Rimasi senza fiato. Sentii che il cuore mi si stringeva come in una morsa e che le lacrime mi montavano agli occhi. Dovetti cercare un posto appartato dove potere piangere un po’ senza dare nell’occhio.”